domenica 18 agosto 2013

Sambuco (fraz. di Bracciano)

Il Sambuco è una delle 5 frazioni di Bracciano: oggi è una vasta campagna che si mescola con Manziana, punteggiata da qualche casale sparso e dominata dalla presenza dell'aeroporto militare, ma nel medioevo fu uno dei tanti castelli con cui Roma tentava di controllare il territorio, prima che la struttura di potere temporale della Chiesa si imponesse definitivamente sull'Italia centrale.

Così lo descrive il Silvestrelli:
Sambuco era nel sec. XIV dei Venturini, e coi monti di Castel Giuliano fu venduto nel 1376 per metà da Pietro Romano di Bonaventura (Venturini) a Giacobello Orsini, e da questo l'anno medesimo a Pietruccio Mielis (di Michele) dei Mermiori; e nei due atti figura gravato d'un canone di quattro soldi provisini all'Abazia Fallerense.
La famiglia dei Romani dei Venturini, imparentata con gli Orsini, era ben radicata nel territorio: suo era il castello di Rocca Romana. Prosegue il Silvestrelli:
Maria, figlia di Pietruccio Mielis donò i monti di Castel Giuliano e la detta metà di Sambuco a S. Spirito in Sassia nel 1429.
L'istituto del maggiorasco, ovvero il diritto del figlio maschio primogenito di ereditare l'intero patrimonio (o di ricevere, indivisi, i beni costituenti la primogenitura) si diffonde in età moderna: nel medioevo l'eredità viene generalmente divisa in parti uguali tra tutti i figli legittimi, comprese le donne. E' usuale, pertanto, trovare nei contratti dell'epoca alienazioni di beni, sia allodiali che feudali, espresse in forma di frazioni, corrispondenti alla quantità del bene ricevuta in eredità.Continua lo storico:
L'ospedale li vendette, con S. Pupa, agli Orsini, nel 1456. Sambuco ai primi del secolo XVI passò quasi interamente a Donna Felicia Rovere Orsini sorella di Giulio II, e da essa fu venduto ad Agostino Chigi il Magnifico. I figli di lui, Lorenzino, Alessandro e Agostino, con istromento Giorgio de Itenere del 15 decembre 1546 lo vendettero a Giovanni Patrizi del fu Francesco, nobile senese. Nel 1609 Solderio Patrizi vendette ai monaci di S. Paolo, Castel Giuliano e la tenuta di Sambuco.
Di Solderio Patrizi è noto l'impianto, nel 1602, del "forno nuovo" o "forno del Sambuco" per la fusione del ferro. Conclude il Silvestrelli:
Tornati i due tenimenti ai Patrizi nel 1660, la tenuta di Sambuco si riunì ormai definitivamente a quella di Castel Giuliano, e rimase con essa ai Patrizi.
Fu destino comune a molti piccoli castelli della campagna romana, eretti tra l'XI e il XIV sec. per garantire a Roma il controllo del territorio al tempo delle frequenti guerre che videro l'Urbe contrapporsi sia a Viterbo che a Tivoli, di decadere e ridursi a semplici tenute, che, spesso, ricalcavano perfettamente i confini dell'antico feudo.

venerdì 16 agosto 2013

La lavorazione del ferro nel ducato di Bracciano

Lo Stato ecclesiastico vantava al suo interno diversi centri per la produzione del ferro, localizzati per lo più nella Provincia di Patrimonio: nonostante ciò non ha mai raggiunto l'autosufficienza, come dimostrano alcune relazioni dai toni amari
Dalla sola Germania sono stati mandati annualmente novecento e più barili di semplici chiodi, e più centinaia di fasci di gomene. Da paesi esteri vengono li gangani, bandelle, serrature, ed altri Lavori più ovii, e materiali... In Ronciglione resta continuamente chiusa una, o due delle Ferriere camerali, e l'altre lavorano molto lentamente. In Sutri, Capranica, Bracciano, Viterbo ed altri luoghi succede lo stesso ed anche peggio) [ASR, Camerale II Dogane, b. 40]
Uno dei centri più produttivi dell'intero Stato era il ducato di Bracciano, diventato, a metà del XVIII sec., la capitale pontificia del ferro: al 1762, con 1.525.382 libbre di ferraggio (ovvero 517 t di ghisa) e 80 centi di vena (ovvero 880 t di minerale) superava tutti gli altri centri di produzione.
Resti della ferriera di Castel Giuliano
Lo sviluppo di questa importante industria nel ducato di Bracciano è legata alla famiglia Orsini: in particolare si deve a Paolo Giordano I, l'introduzione, nella seconda metà del '500, della prima ferriera braccianese, e a Paolo Giordano II, per mezzo del matrimonio da lui contratto con la principessa Isabella Appiani di Piombino, l'afflusso ai forni ducali dell'abbondante materia prima prodotta in Toscana (che ha comportato l'energica crescita dell'attività).

Le ferriere di Castel Giuliano segnate nel Catasto Alessandrino (1660)
Le ferriere orsiniane erano localizzate nel territorio di Castel Giuliano, dove sfruttavano sia la maggiore vicinanza con il mare, che la forza motrice di un modesto corso d'acqua. Per il XVII sec. risultano gestite dalla famiglia Fioravanti, una delle più in vista del ducato. Nei pressi fu impiantato, nel 1602, da Solderio Patrizi, allora feudatario di Castel Giuliano, il forno nuovo o forno del Sambuco, un forno da fare ferraccio, che resterà in attività per pochi anni (dopo il 1613 non se ne avranno più notizie).

L'acquedotto Odescalchi e le prime 4 ferriere nel catasto Gregoriano
Con il completamento dell'acquedotto di Bracciano, fortemente voluto da Livio I, capostipite della nuova casata baronale degli Odescalchi (secondo decennio del XVIII sec.), nel 1720 vengono erette ai margini del paese un forno per il ferraccio (alto 7,5 m), cinque ferriere per la conversione della ghisa prodotta in loco e un distendino per la lavorazione del massello di ferro, alimentati dalla forza motrice dell'acqua da poco incondottata. Al 1767 una delle ferreriere risulta essere chiusa ed oziosa senza lavorare.

Una delle ferriere, oggi restaurata a trasformata in auditorium
Nel periodo napoleonico il francese Morel ristruttura l'altoforno, che diventa il più moderno dello Stato pontificio; assieme al forno di Canino alimenta una serie di ferriere disperse per lo più nel territorio della Tuscia viterbese, da San Martino a Civitella Cesi, a Sutri, a Vetralla, oltre al più importante centro produttivo di Ronciglione. Verrà infine demolito negli anni '50 del XX secolo.

La Ferratella di Villa Flavia (fraz. Pisciarelli di Bracciano)
Un'altro piccolo centro produttivo braccianese era la c.d. Ferratella, ancora attiva negli anni '20 del XIX sec. Mancando nelle immediate vicinanze un corso d'acqua, è probabile che la struttura fosse alimentata riattivando il piccolo acquedotto orsiniano che nel '500 portava l'acqua della Fiora alle Delizie di Villa Flavia, luogo di delizie del cardinale Virginio Orsini, da secoli in stato di abbandono.

(fonte: Cavallini M., Gigante E.G., De Re Metallica. Dalla produzione antica alla copia moderna, l'Erma di Bretschneider, Roma 2007)

martedì 13 agosto 2013

Vicarello, frazione di Bracciano: un interessante borgo che fu un tempo tenuta imperiale

A 7 km da Bracciano, lungo la sponda settentrionale del lago, si arrampica su una collina il grazioso borgo di Vicarello, oggi compreso all'interno del Parco Naturale Regionale di Bracciano e Martignano.
il borgo di Vicarello
L'abbondanza e la qualità delle acque termali che qui sgorgavano hanno determinato che Vicarello fosse frequentato ininterrottamente fin da epoche remote: la località era infatti conosciuta e apprezzata dagli etruschi di età arcaica, come testimoniano le tombe e la stipe votiva ritrovata nell'area,e le monete greche ed etrusche risalenti al VII sec. a. C.
resti delle Acquae Apollinares Novae
In età romana Vicarello appartenne all'imperatore Marco Aurelio ed era noto come Vicus Aurelius. In questa fase vengono costruite le imponenti terme delle Acque Apollinares Novae, nel cui sito furono scoperti, nel 1852, i famosi vasi di Vicarello.
In epoca medioevale Vicarello divenne un castello, feudo della potente famiglia di Vico. Nel 1367 Vicarello risulta diruto e ridotto a semplice tenuta, la cui proprietà, dopo alcuni passaggi di mano tra il Monastero dei SS. Andrea e Gregorio al Celio, la famiglia degli Anguillara, e il Monastero di San Saba, viene stabilmente attribuita a quest'ultimo. Nel 1561 S. Saba e tutti i suoi beni vengono incorporati al S. Spirito in Sassia, e nel 1573 di nuovo scorporati e ceduti al Collegio Germanico, che cedono in enfiteusi Vicarello alla famiglia Orsini di Bracciano. Nel 1692, per un canone non pagato, il Collegio Germanicò rientrò nel pieno possesso di Vicarello, ove, nel 1737, costruì uno stabilmento termale, divenuto noto con il nome di Bagni di Vicarello.
tratto epigeo dell'Acquedotto Paolo presso Vicarello
Ai piedi della collina di Vicarello si conserva tutt'ora un imponente tratto epigeo dell'Acquedotto Paolo.

Come arrivare.
all'acquedotto

al borgo

alle terme
 

lunedì 12 agosto 2013

"Antica Pisciarelli" 9: la via Clodia

La via Clodia (affioramento lungo il sentiero che scende a S. Liberato), nona tappa del percorso di archeonatura "Antica Pisciarelli".
basolato della via Clodia
Qui per le informazioni.


Tappa precedente: cisterna romana delle Colonnacce
Tappa successiva: casale Pettinicchia

domenica 11 agosto 2013

"Antica Pisciarelli" 10: il casale Pettinicchia

Il casale Pettinicchia, decima tappa del percorso di archeonatura "Antica Pisciarelli".

Casale Pettinicchia

Casale Pettinicchia è uno dei tanti casali abbandonati nascosti tra i boschi di Pisciarelli.

Casale Pettinicchia

La sua fondazione risale a non più tardi degli inizi dell'800: è infatti segnato nel catasto Gregoriano come "Casa di proprio uso" e intestato ad un certo Carlo Cencelli. Agli inizi del secolo successivo risulta inglobato nel patrimonio degli Odescalchi, ma in stato di abbandono: nel volume Relazione sui miglioramenti apportati nel Ducato di Bracciano da S. A. il Principe Don Baldassarre Odescalchi edito da Strabioli nel 1906 si accenna ad un progetto di ristrutturazione.



Casale Pettinicchia in una carta dello Stato Maggiore antecedente al 1894

Alcune tracce di ingentilimento nella struttura lasciano ipotizzare che il casale, non fosse destinato unicamente ai coloni e alle attività agricole, ma anche come casotto di caccia del principe (funzione compatibile anche con la sua ubicazione a ridosso della selva).

Tracce di ingentilimento

Il casale poggia sopra una falda acquifera sfruttata per l'acquedotto Paolo: in un angolo della cantina, si rinviene un modesto scavo che serviva, forse, ad intercettare la falda e a creare un piccolo pozzetto.

Casale Pettinicchia (cantina)

La sorgente delle 25 vene, così designata "perché in essa unisconsi 25 sorgenti", è il terzo punto di alimentazione dell'Acquedotto Paolo. Il bottino si trova pochi metri più in basso del casale Pettinicchia.

Bottino della sorgente delle 25 vene (interno)

Attraverso un'apertura provocata dal tempo è stato possibile fotografare l'interno: si nota la presenza d'acqua e di alcune aperture triangolari che servono alla captazione della stessa.



Tappa precedente: via Clodia
Tappa successiva: bottino della sorgente delle Venticinque vene

"Antica Pisciarelli" 5: la via "Clodia"

La via Clodia (affioramento presso le Colonnacce), quinta tappa del percorso di archeonatura "Antica Pisciarelli".
basolato originale della via Clodia
La via Clodia è un'antica strada romana che collegava Roma con Saturnia. La data di fondazione non è nota, così come è sconosciuto il nome del magistrato che si occupò della sua edificazione, tuttavia al 225 a.C. risultava già esistente.
Costruita tra due importanti vie di origine militare (Aurelia e Cassia), la via Clodia nasce per esigenze commerciali: il suo tracciato, pertanto, non risponde brutalmente a criteri geometrici, ma insegue la posizione di varie colonie in terra etrusca.
Il percorso della via Clodia secondo la Tabula Peutingeriana
Lungo il percorso sono sorte nel tempo varie mansiones (stazioni di sosta e commercio gestite dal governo centrale), la più importante delle quali era Forum Clodii (in quanto portava il nome della strada), localizzata presso S. Liberato di Bracciano, ai margini dell'attuale territorio di Pisciarelli.
Ricostruzione del tracciato della via Clodia nel territorio di Pisciarelli
Tra S. Liberato e Pisciarelli la via Clodia affiora in almeno 4 punti, di cui tre afferenti alla strada principale e uno, un ponte d'età romana, appartenente ad un diverticolo.

Come arrivare.
Dal parcheggio in zona archi di Boccalupo, prendere il sentiero sterrato che nasce tra due cancelli privati e proseguire sempre dritto, ignorando tutti gli incroci, fino alla sommità del colle, nel punto in cui troverete un crocevia e, sulla sinistra, il cancello della rete che avrete nel frattempo costeggiato. Attraversate il cancello e procedete lungo la strada, tenendo la sinistra. I basoli della via Clodia vi appariranno davanti agli occhi subito dopo aver superato, tirando dritto, una diramazione del sentiero.


Tappa precedente: fonte dell'Acqua Praecilia
Tappa successiva: cisterna romana delle Colonnacce

Take your guided tour at Antica Pisciarelli

Trovi "Antica Pisciarelli" a Bracciano (RM)
You can find "Antica Pisciarelli" in Bracciano (RM)


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Tel. +39.328.3530602



Dove mangiare a Bracciano
Where to eat in Bracciano




I 4 Castagni

tel. +39.06.99849155
www.4castagni.it
 

Pizzeria "La taverna dei Balbi" - tel. +39.06.9988353

Pizzeria "La Muratella" - +39.06.99.88.414



Dove dormire a Bracciano
Where to sleep in Bracciano

Agriturismo "La Gismonda" - tel. +39.06.99815284 - www.gismonda.it

Agriturismo "Borgo Paola" - tel. +39.06.99804569 - www.borgopaola.com

Villa Voltarina - www.villavoltarina.com


Tempo libero ed eventi
Free time and events

 Viva Sporting! - tel. +39.340.2875063 - www.vivasporting.it

"Antica Pisciarelli" 13: grotta "Renara"

Grotta Renara, sedicesima tappa del percorso di archeonatura "Antica Pisciarelli".

ingresso di grotta Renara

La grotta, composta di due ambienti principali, risulta abitata nel Neolitico. In età imperiale è stata utilizzata, come ambiente ipogeo, dai cristiani. Nel passato più recente è stata adibita a ricovero per gli animali.

Come arrivare.
Da P14 risalire via di S. Liberato fino al secondo sentiero sulla sinistra: imboccatelo e procedete fino a trovare la grotta, che apparirà sulla destra.
Venendo dagli archi di Boccalupo proseguire  lungo il sentiero che costeggia il fosso di Boccalupo fino al bivio antistante l'arco di grotta Renara e prendere il sentiero a sinistra: dopo pochi metri, sulla sinistra, apparirà l'ingresso di grotta Renara.


Tappa precedente: arco di grotta Renara
Tappa successiva: Fontanile delle due cavole e via Clodia

"Antica Pisciarelli" 16: bottino e fontanile del "Micciaro"

Il fontanile e il bottino del Micciaro, diciannovesima tappa del percorso di archonatura "Antica Pisciarelli".
bottino del Micciaro
Si tratta di una struttura preesistente all'Acquedotto Paolo, successivamente restaurata da Paolo V e incorporata nella sua opera di ingegneria idraulica.
Il nome Micciaro deriva da miccia, termine toscano con cui si indicano gli asini, e, in particolare, le femmine della specie: in questo punto, infatti, erano soliti sostare i villici che, a dorso d'asino, si incamminavano verso le terre a nord di Bracciano. L'origine toscana del termine si spiega con il popolamento, storicamente documento, di Pisciarelli (e della vicina Manziana) da parte di capannari provenienti dalla Maremma e dal Senese. Il flusso di toscani verso il Lazio ha raggiunto il picco a metà del '500, in seguito alla sconfitta e annessione di Siena per opera del duca di Firenze Cosimo I de' Medici (poi Granduca di Toscana): comunità di toscani, tuttavia, erano insediate nel territorio già dal medioevo.
bottino del Micciaro
Nel bottino del Micciaro si raccoglievano ben "39 vene ed un grosso capo di acqua acidula": ancora oggi chi ha la fortuna di poter assaggiare quest'acqua (ad es. gli ospiti di Borgo Paola), può riconoscerne il particolare sapore.

epigrafe posta sul bottino del Micciaro
Le ragguardevoli dimensioni del bottino, con una lunghezza pari a 60 palmi (circa 40 metri) e una profondità di circa 5 metri, ne facevano la struttura "più insigne tra quelle costrutte da Paolo V": per questo motivo sfoggia con orgoglio l'epigrafe del Papa "A. P.", trasformata poi, in epoca postunitaria, in "A. R." (Acqua Romana) scalpellando un trattino in più.

Come arrivare.
Fontanile e bottino si trovano ai due lati di via del Micciaro (adiacenti la strada), davanti all'ingreso di Borgo Paola, nel tratto asfaltato. Il bottino si trova in salita, dietro una recinzione.

lunedì 5 agosto 2013

"Antica Pisciarelli" 4: la fonte dell'Acqua Praecilia

Fonte dell'Acqua Praecilia, quarta tappa del percorso di archeonatura "Antica Pisciarelli".

Fontanile dell'Acqua Praecilia
L'Acqua Praecilia, che oggi sgorga in un anonimo fontanile, è stata apprezzata per le sue proprietà curative dal tempo dei romani (e probabilmente anche prima) fino ad epoche più recenti, quando è stata fatta oggetto di commercio organizzato (dal 1909 al 1915). L'acqua, che sgorga limpida e incolore, è classificata come mediominerale fredda, e le sono riconosciute proprietà diuretiche.

Pubblicità dell'Acqua Praecilia del 1911

Con la costruzione dell'acquedotto Paolo e del suo bottino del Belluccio, le acque furono incondottate verso Roma. Soltanto una parte di esse, da allora, viene restituita al territorio attraverso l'attuale fontanile, ancora oggi alimentato dalla costruzione paolina.

La fonte dell'Acqua Praecilia

I meno giovani ricordano ancora l'usanza, durante le loro passeggiate nei boschi di Pisciarelli, di fermarsi alla fonte dell'Acqua Praecilia per bagnare il pane secco e preparare una gustosa merenda a base di panzanella.

Come arrivare.
Giunti in prossimità del bottino del Belluccio basterà scendere qualche altro metro e cercare oltre il canneto.


Tappa precedente: bottino del Belluccio
Tappa successiva: via Clodia